RISCHIO CAMBIO DEI FONDI PASSIVI E ATTIVI
Nella normale attività di diversificazione di portafoglio è normale avere strumenti che contengono anche titoli in valuta diversa dall’euro. Ma tutto ciò che viene comprato al di fuori dell’Eurozona è soggetto al rischio delle fluttuazioni del tasso di cambio. Quindi se per esempio investite in un etf sul nasdaq il tuo rendimento dipenderà non solo dall’andamento del prezzo delle azioni che compongono l’indice, ma anche dal tasso di cambio tra la valuta del sottostante, il dollaro, e la nostra valuta, l’euro. Un rafforzamento dell’euro contro il dollaro o un deprezzamento del dollaro contro l’euro che sostanzialmente è la stessa cosa, può avere un impatto negativo sul rendimento. In tal caso sorge il problema del rischio di tasso di cambio. In questo video vedremo vantaggi e gli svantaggi della copertura a tale rischio e quale asset in portafoglio che potrebbe beneficiarne per una maggiore stabilità.
I tassi di cambio collegano i sistemi monetari delle economie mondiali pertanto sono influenzate da molti fattori tra i quali le esportazioni e le importazioni, le politiche sui tassi dei banchieri centrali, le politiche monetarie. La situazione è molto complessa che anche gli stessi economisti hanno difficoltà con le previsioni di lungo periodo ed è difficile e probabilmente impossibile per gli investitori prevederne un sicuro ritorno economico. In tale scenario i tassi di cambio rappresentano quindi un’opportunità ma anche un rischio per gli investitori in fondi passivi attivi e titoli. Per coprire tale rischio esistono le classi hedge.
Quando un etf per es. è quotato in EUR, ciò non significa che siano protetti dal cambio. Dipende dalla valuta del fondo. Infatti tutto gira intorno a 2 variabili:
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valuta del fondo
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valuta di negoziazione
Prendiamo ad esempio questo etf.

In tal caso la moneta utilizzata per l’indice sottostante è in dollari, la moneta nella quale l’ETF viene negoziato sul mercato è sempre in dollari poiché non ha copertura valutaria. Infatti se desideriamo vedere il controvalore che avrà una volta venduto è necessario convertirlo in euro. Se invece la valuta del fondo è in euro, ciò significa che viene già effettuata una conversione in euro di tutto ciò che è presente all’interno del fondo. Tuttavia, anche qui non c’è nessuna copertura valutaria poiché per esempio il fondo potrebbe investire anche in titoli quotati in sterline. E per quella parte subiremo comunque il rischio di cambio.
Se prendiamo la borsa italiana tutti gli ETF sostanzialmente sono negoziati esclusivamente in Euro, a prescindere dalla valuta del fondo dell’ETF. Alcuni etf poi sono offerti con la copertura valutaria, e lo capiamo anche dal nome dello strumento poiché viene aggiunta la dicitura EUR HEDGED, hdg, o anche con la locuzione “Daily” o “Monthly" che fa riferimento alla frequenza operata per la copertura che può essere giornaliera o mensile. Se è su base mensile, la copertura sarà più ritardata rispetto ad operazioni di copertura giornaliere. Effettuare operazioni di copertura giornaliere comporta tuttavia costi più elevati.
Arriviamo infatti al 1 punto critico:
La copertura valutaria ha un costo


Se confrontiamo il costo di 2 etf identici della stessa casa dove uno è scoperto al cambio e l’altro è coperto, notiamo una differenza di costo a causa di maggiori costi operativi. Oltre a tali costi espliciti, ci sono altri costi impliciti nel meccanismo di copertura valutaria che quindi non sono esplicitati nel ter ma che potrebbero pesare molto nel tempo. Parliamo dello spread bid-ask per le valute più illiquide, riguardanti quindi generalmente i mercati emergenti, e meno quelli sviluppati, ma soprattutto il cost of carry che è dato dal differenziale tra i tassi di interesse delle 2 valute in questione. E’ da questo differenziale che dipende infatti il prezzo al quale la valuta estera potrà essere cambiata in euro alla scadenza dei contratti forward di copertura. Quando i tassi della valuta estera sono maggiori rispetto all’euro l’hedging sarà un costo in termini di cost of carry. Tale costo potrebbe quindi pesare anche di 2-3 punti percentuali. Al contrario quando i tassi della valuta estera sono più bassi rispetto all’euro la copertura non comporta un costo e avrà portato un beneficio.
La copertura valutaria non permette la naturale compensazione
Oltre al fattore costi un altro punto critico è che la copertura del rischio di cambio non permette la naturale compensazione dell’andamento del sottostante con la valuta nativa. Spieghiamolo in termini più semplici. Con la copertura valutaria si annulla l’effetto cambio eliminando un fattore di rischio che potrebbe aumentare ma anche diminuire la performance. Si potrebbe pensare che eliminando il fattore cambio si guadagnerebbe in maggiore stabilità, e quindi minore volatilità. In realtà non sempre è così.
Infatti molte assets hanno una determinata correlazione negativa con il tasso di cambio. Per esempio La borsa americana sale quando il dollaro americano scende. Infatti con un dollaro più debole aumentano le esportazioni e i fatturati per le imprese americane e succede l’inverso quando il dollaro sale: questo significa che il ribasso delle quotazioni nel caso di un etf Hedged non viene compensato dalla rivalutazione del dollaro americano nei confronti dell’euro. Di conseguenza la copertura al cambio potrebbe apportare maggiore volatilità all’investimento.

La stessa situazione avviene durante i massicci sell of di mercato. Monete rifugio come per esempio lo yen e il dollaro stesso sono considerate monete safe-heaven. E’ una sorta di hedge naturale per un investitore estero come è l’europeo. Il rafforzamento dello yen o del dollaro controbilancia cosi la discesa del mercato azionario, sempre che sia mantenuta la scopertura al cambio. Ovviamente le correlazioni sono mutevoli nel tempo e non sempre tali regole sono rispettate al dettaglio. Per esempio nei primi anni 2000 il dollaro perse il 40% contro l’euro con i mercati azionari che scendevano. Per questo occorre diversificare e decorrelare bene le asset nel portafoglio anche con asset reali e bond europei.

Le performance le creano i mercati finanziari. Un bravo consulente finanziario non fa previsioni ma crea portafogli con assets allocation decorrelate per rendere il percoso di investimento un viaggio confortevole, gestisce comportamenti ed emozioni del cliente per generare performance attese in linea con le dovute scadenze.
Ora che abbiamo capito i rischi o i benefici della scopertura o copertura al cambio, analizziamo l’impatto che tale struttura potrebbe avere sulle diverse asset class. Per ciò che attiene all’azionario il rischio cambio nel lungo periodo tende ad assottigliarsi, sia per i rendimenti attesi elevati che tendono a coprire le fluttuazioni del cambio rendendole quindi ininfluenti sia a causa del principio del ritorno alla media. Infatti mediamente un ciclo valutario ha una durata di 10 anni, che oltretutto è un orizzonte temporale congruo per chi investe. Nel breve periodo invece l'impatto del cambio è maggiore perché i rendimenti sono ancora bassi e l'impatto del cambio può essere anche rilevante. Ma per chi ha prospettive di investimento di lungo periodo caricarsi di strumenti hedged sarebbe un errore.
Se prendiamo l’msci world il rischio valutario dell’ETF per investitori dell’euro zona è circa del 90%, con il rischio maggiore rappresentato dal dollaro statunitense.

Come vediamo nel lungo periodo il fattore costo della copertura valutaria ha pesato eccome sul risultato finale.

Il consiglio che mi sento di dare è laddove possibile considerare l’azionario europeo separato da quello americano, almeno per quella fetta minoritaria cosi non subiremo il rischio valutario.
Le cose cambiano totalmente se consideriamo l’asset obbligazionaria.
Per ciò che attiene quelle votate alla protezione, il rischio cambio ha un impatto importante poiché il rendimento atteso del sottostante è estremamente basso. Per esempio un etf tresury bond 0-1 in USD in sostanza è come se si investisse direttamente sul dollaro. E oltretutto optare per un investment grade simile hedged nel lungo periodo sarà stato inefficiente a causa dei costi piu alti.
Ma ricordiamoci che noi siamo investitori europei e il dollaro è la principale valuta di riserva a livello mondiale ma soprattutto è l'unico safe asset al mondo in grado di sostenere i portafogli durante le crisi di liquidità, cioè quando tutto cala perchè gli investitori vendono qualsiasi asset per detenere, per l'appunto, liquidità: e in quale valuta viene denominata la liquidità nel mondo? Ovviamente in dollari.
Ma se proprio vogliamo stare tranquilli e non rischiare di prendere la fase negativa del ciclo valutario la soluzione ottimale per un europeo sicuramente è quella di comprare semplicemente bond ultrashort europei.
Diverso invece il caso dei bond lunghi, per esempio i 7-10, i cui rendimenti più alti possono sopportare il rischio a cambio aperto e renderlo più digeribile. Ma anche in tal caso una sana diversificazione tra bond europei e bond americani sarebbe più saggia. Inoltre l’aspetto valutario usd dovrebbe essere trattato e ribilanciato come tutte le altre asset. Dopo un rally del dollaro per esempio si potrebbero sottopesare il treasury e prendere bond corti europei. Inoltre avere in portafoglio asset reali correlate negativamente con il dollaro come le materie prime e l’oro sono soluzioni utili per chi si approccia agli investimenti con uno stile lazy.
Per ciò che invece attiene alle obbligazioni votate al rendimento, parliamo delle high yield, obbligazioni dei paesi emergenti, lo scenario cambia totalmente. In tal caso, a causa dell’esposizione ad una valuta instabile la copertura valutaria potrebbe avere senso in quanto l’aspetto valutario potrebbe azzerare il rendimento se non addirittura far perdere soldi. Chi per esempio investiva in obbligazioni turche al 10% che prezzavano uno stato iperinflattivo nonostante l’elevato rendimento nominale del titolo si vedeva il proprio investimento crollare a causa del collasso della lira turca. Per ovviare alla problematica di una valuta instabile spesso ci si trova invece davanti ad una quotazione di tali strumenti in usd. In tal caso la copertura valutaria potrebbe anche essere tollerata in virtù di rendimenti attesi più alti

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