Differenza tra ETF e fondi: scopri quale ti conviene davvero
Stai valutando dove investire i tuoi risparmi e ti trovi di fronte alla scelta tra ETF e fondi comuni d’investimento?
Comprendere le differenze tra questi due strumenti finanziari è fondamentale per prendere decisioni consapevoli sul tuo futuro finanziario.
In questo articolo, analizzeremo in dettaglio la differenza tra ETF e fondi, evidenziando vantaggi, svantaggi e caratteristiche di ciascuno per aiutarti a identificare la soluzione più adatta alle tue esigenze d’investimento, specialmente se si usufruisce della consulenza di un consulente finanziario.

Tabella dei Contenuti
Cosa sono gli ETF e i fondi comuni d'investimento
Prima di addentrarci nelle differenze tra etf e fondi specifiche, è importante comprendere cosa sono questi due strumenti di investimento e come funzionano.
Definizione e caratteristiche degli ETF
Gli Exchange Traded Fund (ETF) sono fondi d’investimento quotati in borsa che replicano l’andamento di un indice di riferimento (come il FTSE MIB, l’S&P 500 o il DAX).
La particolarità degli ETF risiede nella loro natura di strumenti a gestione passiva: l’obiettivo non è battere il mercato, ma semplicemente replicarne l’andamento.
Le caratteristiche principali degli ETF includono:
- Quotazione continua: si acquistano e vendono in borsa come le azioni
- Gestione passiva: replicano un indice di riferimento senza interventi discrezionali
- Diversificazione: offrono esposizione a interi mercati o settori con un solo acquisto
- Trasparenza: composizione del portafoglio sempre visibile
- Costi contenuti: commissioni di gestione generalmente basse (0,1%-0,5% annuo)
Definizione e caratteristiche dei fondi comuni d'investimento
I fondi comuni d’investimento sono strumenti che raccolgono capitali da molti risparmiatori per investirli in un portafoglio diversificato di titoli.
A differenza degli ETF, la gestione è attiva, ovvero affidata a un team di professionisti che seleziona i titoli con l’obiettivo di ottenere rendimenti superiori al mercato di riferimento.
Le caratteristiche principali dei fondi comuni includono:
- Valorizzazione giornaliera: il prezzo (NAV) viene calcolato una volta al giorno
- Gestione attiva: un team di esperti seleziona gli investimenti
- Diversificazione: capitale investito in numerosi strumenti finanziari
- Ampia gamma di strategie: da conservative ad aggressive
- Commissioni più elevate: mediamente tra 1% e 2,5% annuo per la gestione attiva
Struttura dei costi e commissioni a confronto
Il confronto tra i costi è uno degli aspetti più rilevanti nella differenza tra ETF e fondi comuni:
ETF:
- Commissioni di gestione molto contenute (TER medio 0,1%-0,5%)
- Commissioni di negoziazione simili a quelle delle azioni
- Assenza di commissioni di entrata/uscita (salvo i costi di trading)
Fondi attivi:
- Commissioni di gestione più elevate (1%-2,5% annuo)
- Possibili commissioni di sottoscrizione (fino al 3-5%). N.B. sono sempre azzerabili per volontà del consulente finanziario.
- Possibili commissioni di performance (se il fondo supera il benchmark). Ove ancora presenti (poche banche ancora li applicano)
- Possibili commissioni di uscita (se presenti)
Modalità di negoziazione e liquidità
Un’altra importante differenza tra fondi ed ETF riguarda le modalità di acquisto e vendita:
- ETF:
- Negoziabili in tempo reale durante gli orari di borsa
- Prezzo determinato dall’incontro di domanda e offerta
- Liquidità immediata (vendibili in qualsiasi momento durante l’orario di contrattazione). Subito sul disponibile ma attenzione al contabile.
- Possibilità di utilizzare ordini condizionati (stop loss, take profit)
- Fondi comuni:
- Sottoscrizione e rimborso a NAV (valore patrimoniale netto)
- Valorizzazione e negoziazione una volta al giorno (alcuni fondi anche a 2-3 giorni)
- Esecuzione degli ordini posticipata (il giorno successivo o dopo alcuni giorni)
- Impossibilità di utilizzare ordini condizionati
Trasparenza e visibilità del portafoglio
In termini di trasparenza, esiste una notevole differenza tra ETF e fondi attivi:
- ETF:
- Composizione del portafoglio pubblicata quotidianamente
- Piena visibilità degli asset in cui si è investiti
- Tracking error (scostamento dal benchmark) facilmente verificabile
- Fondi attivi:
- Composizione del portafoglio pubblicata con cadenza mensile o trimestrale in quanto il gestore mantiene il suo “copywright” sulle scelte gestorie
- Minore visibilità in tempo reale degli investimenti in quanto si delega al gestore l’allocazione professionale
- Possibile “window dressing” (aggiustamenti del portafoglio prima della rendicontazione)

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Rendimenti storici: ETF vs fondi attivi
Analizzando le performance storiche, emerge un dato significativo nel confronto tra ETF e fondi:
- ETF: garantiscono un rendimento molto simile a quello del mercato di riferimento (al netto dei costi)
- Fondi attivi: mostrano risultati variabili, con una percentuale significativa (circa il 70-80%) negli ultimi anni non ha saputo battere il proprio benchmark di riferimento. Questo è dovuto al fatto che i rendimenti dei mercati azionari sono stati trainati per lo più da 7 titoli e i fondi, non potendo investire per ragioni di sicurezza dosi elevati su pochi titoli ritenendoli cari sul mercato, logicamente hanno in larga scala sottoperformato gli indici. Ma non è detto che questo si ripeta in futuro.
Vantaggi degli ETF rispetto ai fondi tradizionali
Approfondendo ulteriormente il confronto, vediamo quali sono i principali vantaggi degli ETF rispetto ai fondi comuni tradizionali.
Costi inferiori e impatto sui rendimenti a lungo termine
Il vantaggio più evidente degli ETF risiede nei costi significativamente più bassi. Tuttavia, come vedremo in seguito, il costo è uno dei criteri di differenziazione tra etf e fondi, ma non è quello determinante perchè quello che conta è il rendimento al netto di tutti i costi e per ciò che attiene il rendimento pesa molto la bravura del gestore.
Flessibilità e facilità di negoziazione
Gli ETF offrono una flessibilità operativa nettamente superiore rispetto ai fondi comuni:
- Possibilità di acquistare e vendere durante tutta la giornata di borsa.(anche se bisogna sempre stare attenti dal suddividere la disponibilità dal contabile che se non attenzionata potrebbe farvi incorrere in sconfino di conto non autorizzato
- Conoscenza immediata del prezzo di esecuzione
- Possibilità di utilizzare ordini limitati e stop
Questa caratteristica rende gli ETF particolarmente apprezzati dagli investitori che desiderano maggiore controllo sulla tempistica delle loro operazioni.
Diversificazione immediata del portafoglio
Con un singolo ETF è possibile ottenere un’esposizione diversificata a:
- Interi mercati nazionali (es. ETF FTSE MIB)
- Mercati globali (es. ETF MSCI World)
- Settori specifici (es. ETF tecnologici)
- Obbligazioni governative o corporate
- Materie prime o metalli preziosi
Questa caratteristica permette anche a piccoli investitori di costruire portafogli ben diversificati con investimenti contenuti, riducendo il rischio specifico legato ai singoli titoli.
Vantaggi dei fondi attivi rispetto agli ETF
Nonostante i numerosi punti a favore degli ETF, i fondi comuni a gestione attiva mantengono alcuni vantaggi significativi in determinati contesti.
Potenziale di sovraperformance del mercato
Il principale vantaggio teorico dei fondi attivi è la possibilità di ottenere rendimenti superiori al mercato.
Sebbene statisticamente la maggioranza dei fondi (quelli con costi di gestione spropositati e in pieno conflitto di interesse) non riesca a battere il benchmark nel lungo periodo (bisognerà vedere se sarà cosi anche in futuro), esistono gestori di talento che riescono a generare alfa (rendimento in eccesso rispetto al mercato) in modo consistente.
Questo potenziale è particolarmente rilevante in mercati meno efficienti (come quelli emergenti o small cap) dove l’analisi fondamentale può fare davvero la differenza, ma soprattutto nel mondo obbligazionario dove la statistica si ribalta e la gestione attiva risulta più performante di quella passiva.
Gestione del rischio in mercati volatili
Un team di gestione attiva può adottare strategie difensive durante periodi di elevata volatilità o crisi di mercato:
- Aumentare la quota di liquidità
- Ridurre l’esposizione ai settori più vulnerabili
- Implementare strategie di copertura
Gli ETF, per loro natura, seguono passivamente l’indice anche durante le fasi di ribasso, senza possibilità di manovre difensive.
Accesso a strategie di investimento specializzate
I fondi attivi offrono accesso a strategie d’investimento difficilmente replicabili attraverso ETF:
- Strategie absolute return (mirate a rendimenti positivi in qualsiasi condizione di mercato) o market neutral
- Investimenti in asset class illiquide o nicchie di mercato
- Approcci flessibili che combinano diverse asset class in base alle condizioni economiche
- Strategie di stock picking basate su analisi proprietarie
Queste capacità possono rappresentare un valore aggiunto significativo in determinati contesti di mercato o per obiettivi d’investimento specifici.
Regime fiscale degli ETF e dei fondi in Italia
In Italia, gli ETF sono generalmente classificati come:
- ETF armonizzati UE: soggetti a imposta sostitutiva del 26% sul capital gain
- ETF armonizzati UE che investono prevalentemente in titoli di stato: imposta sostitutiva al 12,5% sui redditi derivanti da titoli pubblici
Per i fondi comuni, il regime fiscale prevede:
- Imposta sostitutiva del 26% sui redditi di capitale
- Imposta sostitutiva del 12,5% sulla componente derivante da titoli di stato
Sostanzialmente non esiste differenza in termine di trattamento fiscale.
Una caratteristica vantaggiosa sia degli ETF che dei fondi è che le plusvalenze e minusvalenze vengono calcolate solo al momento della vendita (realizzazione), consentendo strategie di tax deferral (differimento dell’imposizione).
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Come scegliere tra ETF e fondi quando si è seguiti da un consulente finanziario
Sia Fondi che etf sono strumenti utili per la costruzione di un portafoglio efficiente, ed io li utilizzo entrambi poiché la mia banca mi permette di lavorare anche in consulenza evoluta.
E' giusto paragonare fondi ed etf solo sui costi?
Tutti sui social a dire “gli ETF costano meno, quindi guadagni di più” come se bastassero solo i costi per scegliere.
Paragonare ETF e fondi solo sul costo è come dire che le pere sono meglio delle mele solo perché costano meno al chilo.
Ma paragonarli solo sui costi non ha proprio senso perché un confronto corretto potrebbe essere fatto tra due ETF di uno stesso mercato o tra due fondi simili, ma non tra un ETF e un fondo.
Non esiste infatti una correlazione diretta tra il costo di uno strumento e il rendimento che offre perché stiamo parlando di due strumenti completamente diversi sia sotto l’aspetto del fine dello strumento sia per la struttura commissionale.
Per ciò che attiene il fine infatti:
- Gli ETF sono una gestione passiva, replicano un indice senza intervento umano
- I fondi comuni invece sono gestiti attivamente da professionisti che selezionano i titoli che reputano più PROMETTENTI e adattano la strategia alle condizioni di mercato.
Il costo di gestione è certamente uno degli elementi da considerare nella scelta di un fondo, ed è giusto escludere quelli con spese eccessivamente elevate, che possono influire negativamente sulle performance.
Tuttavia, non è l’unico aspetto rilevante. Nella maggior parte dei casi, il vero fattore che incide sui risultati non è tanto il costo che, vale la pena ricordarlo, è già scalato in automatico dal rendimento del fondo come dell’etf, quanto piuttosto la bravura del gestore.
Quello che conta è il rendimento al netto di tutti i costi

Come si può vedere da questo esempio sulle azioni europee value, negli ultimi 5 anni l’etf che ha un costo di gestione dello 0,25% ha reso il 150%, mentre il fondo che ha un costo di gestione dell’1,5% ha reso il 183%.
Se fosse stata vera la regola che meno costi significa più rendimento per il cliente allora l’etf avrebbe dovuto guadagnare di più del fondo.
Quello che conta veramente è il rendimento al netto di tutti i costi, non il costo preso da solo.
Se per esempio un fondo e un etf hanno guadagnato entrambi il 10% e l’etf lo ha raggiunto con un costo dello 0,25% mentre il fondo con un costo dell’1,5% il risultato per l’investitore è identico, perché il rendimento è stato già decurtato del costo all’interno del nav del prodotto.
Inoltre all’etf, se ci si avvale di un consulente a parcella, andrebbe sottratto il costo della consulenza e di negoziazione, il che farebbe scendere il rendimento per chi si avvale di etf. Ma questo scenario lo vedremo più avanti
Anche se investi in etf fai gestione attiva
E soprattutto fate attenzione a questa cosa molto importante, in tutti i casi anche chi ha solo etf nel portafoglio sta comunque facendo gestione attiva al pari di un fondo comune.
Per investire veramente in maniera passiva dovresti comprare un solo etf.
Ma dal momento che ne inserisci un altro di etf nel portafoglio stai influenzando attivamente il risultato del tuo investimento con le tue scelte allocative, con i tuoi ribilanciamenti, stai facendo cioè lo stesso lavoro che fa un fondo comune a gestione attiva, con la differenza che loro sono professionisti della finanza, mentre tu no.
La verità è che non esiste l’investimento puramente passivo quando costruisci un portafoglio.
Da qui parte una considerazione: Un fondo investe in titoli ed etf.
Un consulente remunerato a consulenza o a parcella fa investire il proprio cliente in titoli ed etf. A tutti gli effetti entrambi fanno la stessa cosa.
Chi garantisce tuttavia che le competenze del singolo consulente, che è solo nel costruire il portafoglio dei propri clienti, siano superiori a quelle di un gestore professionista di un fondo di una grande casa di investimento che è coadiuvato nel suo lavoro da analisti finanziari esperti?
Affermare sui social di aver salvato il cliente dal male assoluto delle banche, dire di aver fatto risparmiare 5.000 10.000 euro di costi facendo intendere di avergli fatto guadagnare di più senza però dimostrarlo concretamente pubblicando i rendimenti dei propri portafogli al netto del costo della propria parcella per un sano confronto come invece fanno i fondi, è fuorviante e ingannevole.
Senza considerare che un portafoglio difficilmente potrà battere un benchmark visto che si deve adattare al profilo dell’investitore.
La struttura commissionale di etf e fondi è determinante nella scelta
Per ciò che attiene al secondo punto, cioè alla struttura commissionale, è proprio qui il punto su cui porre maggiormente l’attenzione.
Un etf costa meno perché replica come detto un indice passivamente ma soprattutto non prevede alcuna remunerazione per la banca e per il consulente.
Prendendo invece un fondo, nell’esempio fatto prima, costa di più perché nella commissione di gestione c’è già compresa la remunerazione della banca e la consulenza del consulente.
Nonostante questo sui social si continua a paragonare il costo di gestione di un ETF con quello di un fondo, prendendo oltretutto come esempio il peggio del peggio, i fondi con commissioni di gestione spropositate, ma omettendo di dire che chi investe in ETF e si avvale di un consulente, che sia autonomo o in consulenza evoluta, deve comunque pagarlo a parte, aggiungere cioè Il costo della consulenza (per esempio 1% più IVA annuale) e I costi di acquisto e vendita previsti dalla propria banca.
In tal caso la diatriba sul battere o meno il benchmark assume vesti diverse perché sarebbe sufficiente prendere un fondo che non per forza abbia battuto il benchmark come per esempio questo, ma galleggiare su di esso o addirittura sottoperformare il benchmark stesso per esempio addirittura di 8 punti percentuali per risultare una scelta migliore rispetto all’etf sotto consulenza all’1% visto che in 10 anni questo costo sarà pesato più del 10% come costo vivo addebitato sul conto corrente.
Il costo della consulenza è compensato dal rendimento nei fondi e non negli etf
A tal proposito bisogna inoltre aggiungere un dettaglio fiscale importante e spesso sottovalutato.
Se seguo un portafoglio impostato da un consulente indipendente che mi ha prodotto un rendimento del 5% io pagherò le imposte sul 5% ma in realtà mi ha prodotto un rendimento del 4% perché ho pagato a parte l’1% di consulenza al consulente.
Se invece l’1% di costo si trova all’interno dello strumento finanziario come avviene nei fondi comuni, quel costo in automatico va a dedurre il costo dal rendimento, quindi il 5% diventa in automatico il 4% per compensazione, e le imposte si pagheranno sul 4% effettivo non sul 5%, quindi un risparmio in minor tasse pagate che si riflette sul risultato finale per l’investitore.
Come pagare la consulenza con fondi ed etf
Il nodo centrale del dibattito non dovrebbe essere la differenza di costi tra “ETF o fondi”.
Specialmente se ci si avvale di un consulente finanziario. Dire che un etf costa meno di un fondo è una cosa scontata che non eleva le competenze di un consulente piuttosto che di un altro.
Il dibattito semmai potrebbe vertere sul come il cliente preferisce pagare la consulenza perché non tutti accettano il fatto che a fronte di un investimento per esempio di 300.000 euro passino sul conto costi per 250 euro al mese o 3.000 euro l’anno, specialmente quando i risultati all’inizio stentano a venire a causa di mercati instabili.
Quindi
- Se preferisci vedere tutti i costi esplicitati in maniera chiara e trasparente sul conto e avere strumenti passivi, anche se dopotutto nel complesso il portafoglio sarà a tutti gli effetti una gestione attiva come nei fondi, allora gli ETF con parcella o sotto consulenza evoluta fee only o fee on top potrebbero essere la tua strada
- Se la parcella o l’addebito trasparente sul conto proprio non li digerisci e sei cosciente che il portafoglio sarà comunque gestito attivamente, allora magari un costo “tutto compreso”, con fondi comuni ben selezionati con costi giusti e ragionevoli potrebbero essere più adatti. Meglio ancora se in esenzione commissionale.
Personalmente sottopongo sempre queste situazioni ai miei clienti per fare veramente chiarezza sul tema e lasciare decidere a loro con quale modalità desiderano intraprendere il percorso di investimento in tal senso.
Lo posso fare perché la mia banca mi permette di lavorare anche in consulenza evoluta, quindi lavorare sia con fondi che con etf e titoli senza conflitti di interesse anche dietro pagamento della consulenza mensile che passa sul conto corrente.
Il costo più importante per un investitore
Il vero costo tuttavia per un investitore è la propria incompetenza nel costruire un portafoglio efficiente, sia che si tratti di fondi che di etf perché come detto sempre di una gestione attiva si tratterà.
L’efficienza del singolo strumento, che sia un etf o un fondo a gestione attiva può essere facilmente distrutta se l’asset allocation del portafoglio nel suo complesso è fatta male e gestita male nel tempo.
Anche Moneyfarm lo conferma: il focus deve essere sull’asset allocation, non sulla scelta del singolo prodotto.
Analogamente l’incompetenza e la poca esperienza anche del consulente potrebbe essere il costo maggiore per il cliente.
A tal proposito ho fatto un video anche sui criteri da seguire per la scelta di un consulente finanziario.
I 3 fattori che influenzano il rendimento di un investimento infatti sono l’impostazione dell’asset allocation strategica, i ribilanciamenti proposti dal consulente stesso in ottica di ritorno alla media dei mercati.
Un bravo consulente offre valore non solo attraverso l’assemblaggio dei vari strumenti e i ribilanciamenti nel tempo, ma con un supporto tecnico operativo ed emotivo durante le fasi più difficili del mercato, garantendo così una gestione più efficace nel lungo periodo.
La mancanza di queste competenze è il costo più alto per un cliente.
Io sono Alessio Zaccanti, Ogni giorno aiuto i miei clienti a prendere decisioni finanziarie più intelligenti e profittevoli. Se il video ti è stato utile continua a seguirmi per contenuti che sono sicuro non dovresti perdere. E se Vuoi sapere se i tuoi investimenti sono davvero efficienti e desideri un’analisi gratuita contattami
Conclusione
La differenza tra ETF e fondi va ben oltre la semplice distinzione tra gestione passiva e attiva. Costi, modalità di negoziazione, trasparenza, potenziale di rendimento e trattamento fiscale sono tutti elementi da considerare attentamente prima di scegliere lo strumento più adatto alle proprie esigenze.
Per molti investitori retail con orizzonti di lungo periodo e capacità limitate di selezionare gestori attivi di eccellenza, gli ETF rappresentano spesso la soluzione più efficiente.
Tuttavia, i fondi comuni a gestione attiva mantengono un ruolo importante in specifici contesti di mercato
e per determinate strategie d’investimento.
La decisione migliore spesso non è escludere una categoria a favore dell’altra, ma utilizzare entrambi gli strumenti in modo complementare, sfruttando i punti di forza di ciascuno per costruire un portafoglio diversificato ed efficiente.
Domande ricorrenti
Gli ETF sono più sicuri dei fondi comuni di investimento?
Non necessariamente. Il livello di rischio dipende principalmente dagli asset sottostanti, non dallo strumento in sé. Un ETF su mercati emergenti sarà sempre più rischioso di un fondo bilanciato conservativo, indipendentemente dalle differenze strutturali tra i due strumenti.
Conviene sempre scegliere gli ETF per i costi più bassi?
Assolutamente NO!
In mercati meno efficienti o nicchie specializzate, una gestione attiva competente può giustificare i costi più elevati generando rendimenti superiori. È importante valutare il valore aggiunto che un gestore attivo può portare in specifici contesti di mercato. Inoltre esistono tanti bravi gestori che regolarmente battono i benchmark e quando sei seguito da un consulente a parcella tale costo esterno potrebbe risultare inefficiente rispetto alla scelta di un fondo la cui consulenza è già compresa.
Posso utilizzare sia ETF che fondi nel mio portafoglio?
Assolutamente sì. Molti investitori adottano un approccio “core-satellite”, utilizzando ETF per l’esposizione ai mercati principali (core) e fondi attivi selezionati per aree specialistiche o di nicchia (satellite). Inoltre sul campo obbligazionario la statistica si ribalta, essendo la gestione attiva più premiante.
Come posso valutare se un fondo attivo vale i costi maggiori?
Analizza la track record del fondo su periodi medio-lunghi (almeno 5-10 anni), valuta la consistenza dei rendimenti rispetto al benchmark, considera la solidità del processo d’investimento e la stabilità del team di gestione.
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Dott. Alessio Zaccanti
Consulente Finanziario
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